di Luigi Penasa per lo Studio d’arte Andromeda.
Vent’anni. Nei Balcani erano da poco finiti i dieci anni di Guerra. Prijedor e la Bosnia tutta erano svuotate e impoverite fisicamente e, soprattutto, nello Spirito. Noi dello Studio d’arte Andromeda, eravamo stati invitati da Michele Nardelli, della allora nascente Associazione Progetto Prijedor, a partecipare alla raccolta fondi per la realizzazione, nel centro violentato di quella città, di una Galleria d’arte. Progetto simbolicamente utopistico rafforzato dal fatto che Prijedor era conosciuta in tutti i Balcani come la “città dei pittori”. Raccolti i fondi organizzando due aste di opere d’arte generosamente donate da molti artisti amici della nostra associazione, nel dicembre del 1999 la Galleria era pronta ad aprire. Quando sono andato, in rappresentanza dell’Andromeda, per l’inaugurazione, ho trovato una città grigia e triste che faticava a rinascere schiacciata com’era dal peso di quegli anni di odio e rancore. Così che quel posto che stavamo per aprire, luminoso e aperto, pareva invitare tutti alla speranza e alla comunione. Anche la mostra scelta come prima esposizione non era stata una casualità era una selezione di opere prese dalla Rassegna Internazionale “Don Quijote”, opere che parlavano di speranza, magari utopistica ma cercata caparbiamente, come unico possibile futuro comune.
Da allora l’Andromeda ha mantenuto una vicinanza collaborativa con il www.progettoprijedor.org ultima ma importante iniziativa che ci vede partner è il Concorso dei murales, da sette anni ogni autunno la città vede una facciata del suo centro abbellita con opere murali importanti che hanno l’intento di accompagnare con immagini simboliche ricche di colore e di allegria i passi di chi tutti i giorni esce di casa per costruire il tessuto, ancora sfilacciato della sua comunità. Buona Vita Amici.











La ministra dei diritti umani e dei rifugiati della Bosnia Saliha Djuderija ritiene che i casi delle violenze sessuali in Bosnia ed Erzegovina degli anni Novanta potrebbero essere anche 20.000. Pur ribadendo che questi crimini erano stati commessi da soldati di tutte le appartenenze, la sistematicità di usare le donne inermi come degli “strumenti di guerra” risulta evidente soprattutto quando si tratta, come p stato accertato, soprattutto delle formazioni militari serbo bosniache, con le quali si è arrivati a numeri elevatissimi. Questo argomento scottante, una volta messo in evidenza, farà in modo che lo Stato debba affrontare anche i figli nati dopo gli stupri e le violenze sessuali. Anche loro invisibili e ignorati, fascia debole di cui ogni società normale dovrebbe occuparsi con la dovuta attenzione.