Balcani

Il ”limes” dell’Unione europea si è stabilizzato nel cuore dei Balcani, sugli oltre 1.300 chilometri dell’esteso confine di terra che separa la Croazia, appena sorta 28esima stella dell’Unione, dal resto della regione. E oltre la frontiera c’è chi si augura di seguire un giorno le orme di Zagabria. Tuttavia, la strada verso l’Ue sembra essere ancora lunga per la Bosnia-Erzegovina, a causa di un’economia in panne e di una situazione politica incapace di risolvere i problemi concreti dei suoi quasi quattro milioni di cittadini, due sfide importanti, sulle quali dovrà misurarsi anche il nuovo Governo bosniaco, dopo le elezioni di ottobre 2014.

La situazione, nel corso dell’ultimo anno, inoltre, sembra ancora più al limite se si pensa al fatto che corruzione e crimine organizzato nei Balcani sono al centro del programma europeo a guida italiana avviato a Settembre 2014 a Sarajevo con l’arrivo di un esperto del Ministero dell’Interno Italiano.

Il progetto prevede scambio di informazioni e tecniche investigative con tutti i Paesi dei Balcani ed è finanziato con fondi UE (Instrument of Pre Accession) per 5 milioni di euro.

L’iniziativa si inserisce nel solco della collaborazione fra l’Italia e la Bosnia Erzegovina nel settore della cooperazione giudiziaria e di polizia per il contrasto alla criminalità organizzata transnazionale.

Il quadro è quello di un Paese ancora frammentato su base etnica, diviso in due entita’ autonome – la Federazione croato-musulmana e la Republika Srpska – con debolissime istituzioni centrali non idonee a portare avanti le riforme richieste dall’Ue.

Riforme-chiave come quelle, ricordano i documenti della Delegazione dell’Ue in Bosnia, della legge sugli aiuti di Stato alle imprese e soprattutto quelle che dovranno portare al pieno rispetto della sentenza anti-discriminazione della Corte europea dei diritti dell’uomo sul caso Sejdic-Finci, specifica un rapporto di Human Rights Watch.

La Bosnia-Erzegovina, nel frattempo, rimane sospesa in un limbo. L’unica reale conquista ”europea” della sua classe dirigente è stata quella di convincere Bruxelles ad abolire, nel 2010, l’obbligo dei visti per i cittadini che vogliono viaggiare per turismo in Europa. Troppo poco, anche perchè non sono tanti i bosniaci che possono permettersi di lasciare il Paese per svago.

I numeri parlano fin troppo chiaro: il PIL pro capite della Bosnia-Erzegovina e’ solo il 28% di quello della media Ue a 27, superata di poco anche dall’Albania (30%), dalla Serbia, dalla Macedonia (35%) e dal Montenegro (42%). La disoccupazione si attesta intorno al 40%, mentre un 20% circa della popolazione vive a cavallo della soglia di povertà (Fonti:Eurostat).

La disoccupazione è in parte mitigata dall’occupazione in settori informali, ma la riconversione di queste larga fascia di lavoratori occupati nelle attività informali e la loro inclusione nel mercato del lavoro ufficiale rappresenta una sfida cruciale per il paese. Inoltre, il livello di disoccupazione effettiva varia raggiungendo picchi particolarmente elevanti nella fascia giovanile della popolazione (63.1% per i giovani fra i 15  24 anni).

L’economia, infine, dopo la recessione del 2012 crescerà solo di uno 0,5% quest’anno, ricorda la Banca Mondiale, rallentata dalla crisi nell’Ue ma anche da un debole business environment e da una politica fiscale non sostenibile nel lungo periodo, focalizzata più sulla redistribuzione del reddito che sulla crescita (dati ANSA 2013).